sabato 25 aprile 2020

La tradizione funebre in Lazio






Il mio primo funerale e il battesimo della morte.
Il Lazio per me è..la seconda casa, la mia seconda terra, una parte di me.
La tradizione latina trova ritualità e culti antichissimi che rendono il Lazio una delle Regioni più ricche di tradizioni popolari evolute in vere e proprie superstizioni. In occasione delle veglie dei defunti, sembra fosse pratica assidua lo scambiarsi doni tra fidanzati, a simboleggiarne in modo allusivo la virilità e la fertilità. Eros e Thanatos, ancora una volta, compaiono a braccetto. Così come ricorrente è il rapporto cibo-rito funebre: la sacralità del rito conviviale funebre è documentata già dal 1500: attraverso il cibo, simbolo di vita, si ricreavano rapporti perduti, come ad esempio attraverso le "Fave dei morti", che rimandano alle fave che, nei rituali, i nostri avi bruciavano.

Il mio primissimo funerale (e veglia funebre prima) avvenne proprio qui, in un piccolo paesino della Ciociaria, quando morì la mia bisnonna.
Ero piuttosto piccola, quando accadde la disgrazia, in realtà ho ancora dei ricordi/flash, seppur sfocati, di quella circostanza.
Innanzitutto, ringrazio mia madre e mio padre di non avermi lasciata "fuori", insieme a mio fratello, dall'evento. Venimmo coinvolti in modo sereno, in totale normalità, in quello che fu per entrambi il battesimo della morte, come a me piace chiamarlo.
La bisnonna morì in casa, a casa sua, elemento determinante in tutto ciò (visto che ora, morire in casa è una "fortuna" a cui pochi sono destinati). Venne riposta sul letto nuziale, in camera da letto dunque, e ricordo il via vai di gente, le luci fioche e una sagoma nera stesa al centro del letto.
Sicuramente, non ebbi contatti con lei, mi limitai a guardarla da non molto lontano, senza ben capire cosa effettivamente stesse accadendo, nonostante la stranezza dell'evento (certo, un gruppo di persone che piangono e vanno su e giù per la piccola casetta di campagna..no, non è l'apice della felicità).
La considero a tutti gli effetti una buona dose di Death Education sin dalla tenera età.
Una fonte, a me molto cara, mi ha parlato del "gliù recuns'l", il riconsolo.
Il giorno del funerale, i dolenti non devono preoccuparsi della casa: il pranzo e la cena vengono preparati dagli amici o dai parenti.
Pochi anni fa, poi, ebbi modo di appurare come il processo di ospedalizzazione abbia stravolto la morte e il morire, alla morte di mio zio.
Ammalato, venne portato in ospedale, dove passò le ultime settimane della sua "vita". Questo, ovviamente, non permise una veglia in casa, bensì in una stanza apposita nell'obitorio dell'ospedale che lo aveva in cura.
Ne ricordo il grigiore, la freddezza, nei sotterranei che rendevano tutto asettico e impersonale.
Ma la famiglia, tutti noi, eravamo intorno a lui. Di quel giorno ricordo, dopo il funerale in chiesa, il cammino verso il cimitero, dietro al carro funebre, con (quasi) tutto il paese a seguito..non vorrei sbagliarmi, non vorrei che la memoria mi ingannasse, ma..una banda, piccola, c'era. E accompagnava il corteo verso il camposanto.
Ogni volta che mi reco in paese, il tempo si ferma. E, non me lo nascondo, mi dico sempre che se n'è andato via troppo presto.


©Grief_and_the_Maiden

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