sabato 18 aprile 2020

La ritualità funebre in Puglia


La Puglia è, come la definisce l'antropologo Ernesto de Martino, "la terra del rimorso",  terra nel quale egli stesso riferì di "appostarsi nei piccoli paesi del Sud in attesa che morisse qualcuno per registrare direttamente i lamenti funebri di millenaria tradizione..". Facendo un salto indietro, in un passato non così lontano, notiamo che la tradizione popolare ricorre a credenze pregne di significato in merito alla sacralità del defunto. Gli specchi, vengono coperti, le porte spalancate affinchè gli altri parenti defunti possano fare visita alla casa e al defunto stesso. Gli uomini, in segno di rispetto, non si radono per 8 giorni, e il fuoco domestico non viene acceso per altrettante giornate. Ogni attività quotidiana muta nel suo essere: non si ascolta la musica, non si presenzia a feste mondane, come se il tempo si fermasse. Anche qui, il cibo è un profondo tratto legato alla ritualità della Morte: i parenti più stretti preparano il cibo per i dolenti e, in alcune zone del Salento, prima del pasto (o prima di un pasto molto caro al defunto) si pronuncia "Lecu Materna", "con affetto materno", ossia un segno della croce per gratificare lo spirito del defunto. Non è raro trovare dentro le dimore pugliesi un angolo tutto dedicato ai propri defunti, per proseguire il culto dei morti accanto ad un lumino e dei fiori sempre freschi. Questo rito, di chiara matrice romana, richiama infatti gli altari più antichi dedicati ai propri antenati, alla ricerca di una protezione apotropaica.
Molto profonda è la sfera superstiziosa legata al culto dei Morti, ad esempio il divieto totale di lasciare gli specchi nella stanza dove il defunto viene esposto per la veglia, poichè potrebbe rimanervi intrappolato; altresì fino agli anni '50 del '900 si seguiva la pratica del riporre una moneta sulla lingua del defunto e sui suoi occhi, con ancora un richiamo al mondo antico greco-romano (per pagare l'obolo a Caronte, il traghettatore dei defunti..in verità, si pensa che il peso delle monete servisse a mantenere chiuse le palpebre in modo naturale).


Città di Otranto - Le prefiche salentine


Sembra sia ancora in uso la tradizione legata al riporre degli oggetti molto cari in vita al defunto, come le sue pietanze preferite, del vino, le scarpe nel feretro, prima del funerale. Questa usanza ha un che di curioso: si presume che siano oggetti che i dolenti portano di seguito a sogni premonitori, in cui altri defunti dicono cosa vogliono dall'aldilà. Spesso infatti, il feretro rimaneva nella casa del defunto, vicino ai familiari in un'apposita camera ardente, così che i dolenti potessero vegliare per il tempo necessario la salma, in una stanza piena di drappi scuri, fiori e ceri. Fino a qualche tempo fa, si era soliti apporre un velo scuro all'ingresso della casa, sempre aperta per accogliere i parenti.

Nei paesi limitrofi a Bari vigeva l'usanza di preparare il pane direttamente sulla bara o sulle tombe, pietanza che veniva poi offerta ai dolenti: è in un rituale di questo genere che troviamo tracce di una forma assai blanda di necrofagia (alcune civiltà antiche, descrive anche Frazer, attuavano riti legato al cannibalismo al fine di cibarsi della forza e delle virtù del defunto). Riscontreremo il pane anche in altre tradizioni funebri regionali.

Dopo il funerale, la famiglia si ritrova per consumare il "banchetto consolatorio", in memoria del defunto, dal significato simbolico legato al fluire della vita, nonostante il dolore.


                                                                  ©Grief_and_the_Maiden


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