giovedì 2 aprile 2020

"E tu, cosa ne pensi di questo panico?di questo virus?".



Penso che ci abbia in qualche modo ricongiunti alle nostre più recondite paure.
Alla paura di rimanere soli. Alla paura del "è troppo tardi, adesso". Alla paura del "avrei potuto, avrei dovuto" con cui spesso facciamo i conti in modo troppo vacuo, quotidianamente.


Penso che ci abbia immerso nella concreta autenticità della morte, certezza unica e imprescindibile.
Davanti alla nostra fragilità e caducità, davanti alla terribile fame di immortalità che cammina con noi, ogni giorno.
Siamo fragili, sono fragile.
Ne traggo che, seppure in modo traumatico e fastidioso come quel solito sassolino nella scarpa che non ci lascia camminare, siamo tutti un po' "alunni" di un'educazione alla Morte, violenta, impietosa e, per certi aspetti, beffarda.
Beffardo un modo di morire immersi dell'odore nauseabondo di un ospedale, in solitaria, lontano dagli affetti, lontano da casa. Tra l'odore di mensa e disinfettante, di medicinali come in un quadro di Munch.
E la paura, la paura dell'oblio.
Beffarda nel prendersi gioco di corpi sopravvissuti ad una guerra per fame e stenti.
Violenta, perché lascia l'amaro colpo nello stomaco di non essere preparati, come in fondo alla morte, non lo si è mai.
Impietosa nella negazione di un rito i cui tempi non siano dettati dalla fretta del prete, o da necessità più auliche.

E ora? si può dire Morte?


©Grief_and_the_Maiden

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