venerdì 24 aprile 2020

La morte nell'Arte. L'arte della Morte. Part. I

Lo ammetto, mi porto dietro da anni i residui dell'Istituto d'Arte.
Arte e Thanatos, da secoli, vanno a braccetto in un valzer squisitamente sconcertante.
La morte è sempre stata rappresentata nell'arte figurativa, basti pensare ai Memento Mori medievali, ma ancora prima alle rappresentazioni nelle tombe Etrusche. (Paestum ne è un esempio).

Mi è ricapitata tra le mani un'opera di Frida Kahlo, nata a Città del Messico nel 1907, eroina e simbolo, oggi, di donna autonoma e forte. In realtà riscontriamo nella sua biografia un rapporto d'amore frastagliato, legato ad un uomo (Diego Rivera) dalla mentalità libertina (ebbene si, se la fece anche con la sorella di Frida).
Di seguito alla poliomielite che la colpì in tenera età, perse una gamba,  fu costretta quindi a dotarsi di un arto artificiale di legno. Non solo, di seguito ad un incidente sul tram, si fratturò il bacino e alcune vertebre, oltre ad avere già la spina bifida sin da piccina, che la costrinse ad utilizzare un busto per mesi. Ebbe inoltre diverse perdite di gravidanza.

Perchè raccontare le sfighe di Frida?
Perchè fu uno splendido esempio di resilienza.
Fu proprio durante la convalescenza e blocco forzato che iniziò a creare i suoi autoritratti: si munì di colori ad olio, di un cavalletto, fece riporre uno specchio sul suo letto a baldacchino dando inizio a una rivoluzione artistica in merito ai temi più profondi e unici delle Donne, compresa la morte.

"La mia pittura porta in sè il messaggio del dolore".
Direi che ci è riuscita divinamente.
Dobbiamo ovviamente tenere conto della cultura di riferimento, quella Messicana, molto più "aperta" alla morte, a cui da' significati e importanza ben diversi e più profondi, anche nella contemporaneità.
Basti pensare al 2 novembre: giornata di festa in cui ci si ricongiunge, attraverso banchetti e maschere, ai propri defunti.

Ecco quindi che introduco un'opera pregna di significato:
"Il sogno", conosciuto anche come "Il Letto", opera del 1940, in cui Frida racconta il suo rapporto con la morte attraverso la pittura.
Lo trovo straordinario e, nonostante la presenza incombente dello scheletro, per niente macabro.


"Il sogno", 1940.


Nell'opera, Frida si auto-rappresenta nel suo letto a baldacchino, coperta da un'edera. Lei dorme, lo scheletro invece è vigile, ho sempre pensato che somigliasse più ad un automa che a dei resti mortali, forse per le piccole protesi che avvolgono le sue gambe, forse perchè mi sembra ingessato, come del resto Frida dovette rimanere ferma mesi e mesi con il gesso..
Questo dipinto trova conferma della sua realtà in una fotografia: Frida aveva davvero uno scheletro sul tetto del baldacchino!
Mi rimane, ad osservarlo, un senso di sospensione nel vuoto, di transizione. 
Un passaggio in attesa di "altro", altrove.
La presenza costante della morte, per una figura come quella di Frida, a mio parere esprime che solo dalle avversità della vita possiamo riuscire a vivere autenticamente, senza paura alcuna di quello che ci aspetta.




 ©Grief_and_the_Maiden

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