sabato 11 aprile 2020

Percezione della morte e sepolture. Il rapporto dell'uomo con la Morte.

La nostra percezione della morte viene a mutare nel corso della storia, in modo lento e quasi impercettibile.
Come siamo arrivati ad una "Pornografia della morte", per come la definiva Gorer, dopo secoli di accettazione e naturalezza dell'evento?

Secondo alcuni storici e sociologi, la concezione di morte nel Medioevo si poteva definire addomesticata: la morte come evento legato ad una sua consapevolezza e serenità  intrinseca, che  l'uomo riconosceva in modo spontaneo. Ne osservava i segni, il cambiamento nel suo corpo e, con questa coscienza, il morente prendeva le proprie posizioni, si seguivano gesti rituali tra cui l'attendere la morte giacendo distesi. 
Se osserviamo le statue giacenti del XII secolo, ritroveremo questa posizione, con le mani ben incrociate sopra al petto. Una naturale consapevolezza della propria morte determinava altresì che il moribondo decidesse in modo chiaro come organizzare la cerimonia pubblica, dove si presenziava liberamente.

Questa tradizione che vedeva la camera dell'ultimo addio sovraffollata è ancora presente nel XIX secolo, dove vi era un forte coinvolgimento dell'intera comunità: parenti, vicini, paesani e anche bambini, ben diversamente dalla congiura che oggi coinvolge la società occidentale in merito al far vedere o meno una salma ad un bambino nel giorno del funerale.
Ritualità che non interpellavano eccessivi turbamenti emotivi.
L'affabilità tra vivi e morti dell'epoca celava, nella sua ritualità, un timore nei confronti di questi ultimi, un timore legato all'eventualità del loro ritorno nella società dei vivi.
La stessa Legge delle Dodici tavole, a Roma, vietava di seppellire in città perché venisse garantita la sanctitas dei viventi e delle loro dimore, proprio per questo riscontriamo diverse testimonianze antiche legate alle sepolture sul margine delle strade, come nel caso della via Appia nella città eterna.

Con il culto dei martiri, e non come spesso si pensa con l'avvento del cristianesimo, i defunti cominceranno ad entrare nelle città, e si riporta infatti che 
"i martiri erano sepolti nelle necropoli extraurbane, comuni ai cristiani e ai pagani. I luoghi venerati dai martiri attirarono a loro volta le sepolture [...]. I martiri ci proteggeranno, noi che viviamo coi nostri corpi, e si prendono cura di noi. Qui ci impediscono di cadere nel peccato [...] Per questo i nostri avi si sono preoccupati di associare i nostri corpi alle ossa dei martiri".

Si testimonia dunque una forte propensione a voler essere sepolti ad sanctos, vicino ai santi. 

E' nel XVIII secolo che ci sarà un fortissimo interesse, legato all'iconografia barocca e macabra, per il culto legato all'esposizione e creazione di decorazioni fatte di ossa, di cui si trovano numerosi esempi, come a Roma presso la chiesa dei Cappuccini, o nella chiesa dell'Orazione e della Morte (qui troviamo anche dei lampadari ornamentali creati esclusivamente con ossa!).


cripta dei cappuccini via veneto
Interno della Cripta dei Cappuccini, a Roma, sottostante alla chiesa di Santa Maria della Concezione.
Foto dal Web.

Ovviamente, si tratta di resti trovati nelle grandi fosse comuni (o "dei poveri") dove trovavano "sepoltura" i meno abbienti, coperti solo dai propri vestiti e dunque senza feretro. Le spoglie dei più abbienti, sovente sepolte entro le chiese (si, proprio sotto le lastre pavimentali!) prima o dopo sarebbero state traslate anch'esse negli ossari comuni. 
E qui un punto fondamentale: tra il XVI ed il XVII secolo, in realtà poco importava la destinazione dei resti del corpo, l'importante è che dimorassero presso le chiese.

In un testo del tardo 1600, troviamo i primi sintomi di un cambiamento, seppur lento, ma in atto: un'insofferenza diffusa legata a millenni di promiscuità tra vivi e morti. Una familiarità con la propria morte che sarà destinata a svanire nei secoli a venire.
Approfondirò in un prossimo post lo stravolgimento della percezione che si sviluppa in merito alla propria morte.



©Grief_and_the_Maiden

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