sabato 16 maggio 2020

La tradizione funebre in Abruzzo

Ogni Regione italiana propone rituali e prassi che talvolta sono riscontrabili altrove, discostandosi talvolta per particolari impercettibili.
Andando a studiare le pratiche abruzzesi troveremo tratti ibridi tra tradizione e folklore, ancora oggi molto sentiti, dove il legame con i defunti fa perno su antichissime credenze.
Una tradizione  è quella legata all'accensione dei ceri nell'evento di Ognissanti, i quali venivano riposti sui balconi, sugli altari e altresì sugli ossari affinchè le anime dei defunti lasciassero le dimore e vagassero per le strade dei paesi, come in processione.

Le luminarie infatti, permettevano ai defunti di riconoscere le loro antiche dimore: in base a ciò che viene descritto da racconti popolari, le ossa venivano conservati con cura poichè il giorno del Giudizio universale si...sarebbero ricomposti!
Sempre secondo queste credenze, le processioni dei defunti (le "Scurnacchiere"), seguivano un preciso schema: ognuno portava tra le mani un lumino acceso e dunque, in cima alla fila, comparivano i nati morti, seguiti dai piccoli che morivano subito dopo il battesimo, gli adolescenti prematuramente deceduti e in conclusione i più anziani.
Lo stesso nome di queste processioni deriva da "curnacchia": ancora oggi troviamo infatti questo accostamento (quando sentiamo gracchiare un corvo) all'immaginario della morte come presagio nefasto.

Non in tutti i paesi, ma in molti, vige ancora l'usanza il 2 novembre di riporre delle calze sui caminetti raccontando ai bambini che i doni (dolciumi e leccornie) lasciati li dentro fossero da parte dei familiari defunti.
Trovo molto bella la tradizione della "sera del ritorno", dove la tavola viene preparata appositamente per i propri defunti con un po' di cibo e del buon vino, sempre con un cerino acceso.
Nelle abitazioni abruzzesi, in presenza di un moribondo, è ancora praticata l'usanza di aprire le finestre affinchè la sua anima possa uscire, altresì riporre nel feretro i suoi oggetti personali ed una moneta nel taschino per pagare il suo ultimo viaggio.

Foto dal web.
Ritroviamo qui una figura ben nota, la lamentatrice funebre con i suoi canti rituali, come il lamento delle Vedove (soprattutto a Scanno e a Vasto) dai differenti nomi: repòte, arpetà, plasmi.

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